Cari lettori,
oggi vorrei proporvi il tema del “rimuginio” detto anche “worry”, argomento poco dibattuto, ma in realtà molto comune.

Avevo introdotto il tema del rimuginio nel mio canale Telegram (t.me/psicologasarapontecorvo) attraverso una vignetta molto simpatica dei Peanuts dove Snoopy e Charlie Brown stanno apparentemente svolgendo una partita a scacchi.

La mente di Charlie Brown però sembra essere impegnata a pensare negativamente, il pensiero non è rivolto alla soluzione e alla strategia, ma è impegnato a prevedere l’evento temuto (la perdita) spostando il focus su quello che Snoopy potrebbe architettare. Il suo pensiero non è orientato al problem solving (risoluzione di problemi), ma sembra invece allontanarlo dalla risoluzione del problema.

​Chiaramente questo è solo un piccolo esempio per spiegare un fenomeno invece piuttosto complesso che a volte può compromettere il normale funzionamento di una persona. Come sarà andata questa partita a scacchi non lo sappiamo, però forse ora possiamo addentrarci di più nel tema del rimuginio.

Definizione

Il rimuginio è un processo mentale in cui il soggetto sperimenta, in modo relativamente incontrollabile, un concatenamento di pensieri negativi ripetitivi riguardanti possibili eventi avversi che potrebbero accadere nel futuro (Sassaroli & Ruggiero, 2003).
Dunque il rimuginio consiste di PENSIERI che sono NEGATIVI e RIPETITIVI e verso i quali la persona non sente di avere un controllo.

Perché il rimuginio è un processo mentale poco conosciuto?
Forse avrete sentito parlare poco di rimuginio, e una motivazione c’è.
Se vi interessa questo tema, troverete molti scritti nell’area della psicologia cognitivista. In Italia, il gruppo di lavoro maggiormente operativo è quello di Sassaroli e Ruggiero che sostengono che questa indifferenza rispetto al rimuginio potrebbe essere dovuta alla traduzione inappropriata del termine worry che ha portato a una maggiore confusione rispetto all’uso del termine e non ad un effettivo disinteresse (Sassaroli, Lorenzini & Ruggiero, 2006).

Sembrerebbe infatti che il rimuginio sia un sintomo principe del disturbo d’ansia generalizzato e in generale viene legato all’ansia e contribuisce significativamente all’origine e al mantenimento di certi disturbi ansiosi. Ma può essere connesso anche ad altri disturbi come per esempio l’insonnia dove l’individuo soffre di “intrusioni cognitive” che gli impediscono di addormentarsi. Lo troviamo anche nei disturbi alimentari dove le preoccupazioni sono principalmente rivolte al cibo e all’aspetto fisico, nel dismorfismo corporeo dove le preoccupazione sono incentrate su alcune parti del corpo che vengono sentite come brutte e intollerabili per l’individuo.

Potremmo dire che il rimuginio può essere presente in modi diversi e può toccare diverse aree, quello che lo contraddistingue è l’incontrollabilità, la ripetitività e il fatto che non consente di trovare realmente soluzioni, ma comporta una specie di paralisi del pensiero e un senso di impotenza. Un po’ come entrare in un loop da cui è difficile uscire.

Quando invece sentite parlare di “ruminazione” fate attenzione, perché non si sta parlando di rimuginio, ma di un processo di pensiero tipico della depressione che si differenza dal rimuginio per la forma e per i contenuti. Ne parlerò in un prossimo articolo.

Perché si rimugina?
La prospettiva cognitivista ha permesso di comprendere che il rimuginio diventa un modo abituale di gestire determinati conflitti emotivi o emozioni disturbanti attraverso l’evitamento cognitivo (Borkovec, 1994; Sibrava & Borkovec, 2006). Le loro ricerche mostrano come si tratti di una risposta di evitamento cognitivo rispetto ad ipotetici eventi futuri che vengono percepiti come minacciosi e che il soggetto tenta di affrontare attraverso l’uso eccessivo del pensiero verbale negativo e di come nasca anche per sopprimere immagini avversive o emozioni disturbanti.

Cosa significa? Il rimuginatore cerca di gestire ed evitare le emozioni che lo disturbano usando il pensiero verbale.

Qual è la fregatura?
L’uso eccessivo del pensiero verbale che tipica dell’emisfero sinistro comporta una scarsa concretezza rispetto alla risoluzione di problemi e ai possibili danni a cui il soggetto potrebbe andare incontro.
L’utilizzo eccessivo di questa modalità provoca il mantenimento delle stesse emozioni disturbanti che il soggetto cercava di evitare, tra cui anche l’ansia. Un po’ come nella vignetta qui sopra.
Si crea così un circolo vizioso in cui la persona tenta continuamente di espellere i contenuti emotivi attraverso il pensiero rimanendo paralizzato in una catena di pensieri a sfondo catastrofico.

Dunque quella che nasce come strategia per risolvere i problemi conduce in realtà a una minor capacità di problem solving. Il fatto che l’immaginazione visiva scarseggi non consente di rappresentarsi realmente il possibile danno. L’evitamento dell’emozione porta poi al disorientamento e all’incapacità di valutare ciò che soggettivamente viene percepito come giusto o sbagliato, come pericoloso o non pericoloso.

Rimuginare diminuisce l’immaginazione visiva
Una dimostrazione di questo aspetto deriva da uno studio di Borkovec e Inz (1990) dove è stata comparata la quantità di pensiero e di immaginazione visiva in soggetti con disturbo d’ansia generalizzato e soggetti non ansiosi durante stati di rilassamento e stati di rimuginio indotto. I risultati di questo studio indicano che durante lo stato di rilassamento i soggetti non ansiosi riportavano una quantità maggiore di immaginazione visiva rispetto ai soggetti con disturbo d’ansia generalizzato (DAG) che mostravano una eguale quantità di pensiero ed immaginazione visiva. Invece, durante gli stati di rimuginio indotto sia i soggetti DAG che i controlli mostravano quantità prevalenti di pensiero verbale rispetto all’immaginazione visiva.

E’ possibile ipotizzare che, se l’immaginazione visiva rappresenta il veicolo primario per l’attivazione somatica delle emozioni, l’incremento dell’attività verbale costituisca un modo per evitare che ciò avvenga; dunque il rimuginio ha lo scopo, più generale, di evitare gli affetti, e più specifico di evitare un’esperienza ansiosa emotivamente carica.

Si rimugina per paura di qualcosa di imprevisto
Due ricercatrici cognitiviste, Newman e Llera, (2011), hanno proposto un nuovo modello di rimuginio che si pone in contrapposizione con il modello cognitivo dell’evitamento emotivo finora esposto. Esse suppongono che le problematiche di questi soggetti siano connesse al timore di sentire emozioni negative, ma siano soprattutto connesse alla paura di avere un’esperienza negativa e imprevista che possa modificare improvvisamente il loro stato emotivo. Sembrerebbe dunque che queste persone abbiano la tendenza a percepirsi come emotivamente vulnerabili rispetto a possibili eventi imprevisti e utilizzerebbero il rimuginio per evitare rischi di questo tipo. Il rimuginio infatti consentirebbe il mantenimento di uno stato emotivo prolungato e ciò paradossalmente farebbe sentire il soggetto meno in pericolo.

A Presto!

Dott.ssa Sara Pontecorvo

Bibliografia:
Borkovec, T. D., & Inz, J. (1990). The Nature of Worry in Generalized Anxiety Disorder: A Predominance of Thought Activity. Behavioral Research Therapy, 28 (2), 153-158.
Borkovec, T. D. (1994). “The Nature, Functions, and Origins of Worry”. in Davey, G., & Tallis, F. (Eds.), Worrying. 1, 5-33, Chichester, England: Wiley e Sons.
Newman, M. G., & Llera, S. J. (2011). A Novel Theory of Experiential Avoidance in Generalized Anxiety Disorder. A review and Syntesis of Research Supporting a Contrast Avoidance Model of Worry. Clinical Psychology Review, 31, 371-382.
Sassaroli, S., Lorenzini, R., & Ruggiero, G. M. (2006) Psicoterapia Cognitiva dell’Ansia: Rimuginio, Controllo ed Evitamento. Milano: Raffaello Cortina Editore.
Sassaroli, S., & Ruggiero, G. M. (2003). La Psicopatologia Cognitiva del Rimuginio (Worry). Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale, 9 (1), 31-45.
Sibrava, N. J., & Borkovec, T. D. (2006). “The Cognitive Avoidance Theory of Worry” in Graham, C., Davey, L., & Wells, A. (Eds.), Worry and its Psychological Disorders: Theory, Assessment and Treatment, 14, 239-256, Chichester, England: John Wiley and Sons.

Sara Pontecorvo

Sono Sara, una psicologa clinica e psicoterapeuta specializzata nell’approccio alle criticità della fase adolescenziale. ASCOLTO, CONFRONTO, FIDUCIA RECIPROCA. Su questo baso il mio rapporto con i ragazzi e le loro famiglie.

Scopri di più su di me

Prenota appuntamento

Grazie per la tua richiesta! Verrai contattato a breve.
There was an error trying to send your message. Please try again later.

Leave A Comment