L’adolescenza può caratterizzarsi come un periodo tumultuoso, proprio perché avvengono imponenti trasformazioni che coinvolgono molteplici aspetti: biologici, cognitivi, ma anche sociali e familiari. Attraverso questo lungo processo l’adolescente progressivamente apprende e diventa consapevole di sé stesso, delle proprie caratteristiche specifiche, così come dei propri limiti.  All’interno di questo processo di definizione di sé stesso l’adolescente si trova anche alle prese con, quelli che Eugenia Pelanda definisce come “grovigli di affetti” che possono comportare dolore psichico poiché minacciano il suo senso di benessere e di sicurezza e che possono essere difficili da distinguere l’uno dall’altro.

Uno tra questi è la vergogna, che generalmente è collegata al concetto del “nascondersi” e richiama l’essere visti, scoperti rispetto a qualcosa di sé che viene ritenuto come debole, difettoso o sporco.  Si tratta dunque di sentimenti che hanno radice nel sentire sé stessi come non adeguati o incapaci di utilizzare al meglio le proprie competenze. Per esempio, la vergogna di un adolescente che viene preso in giro dai compagni per i suoi risultati scolastici.

L’altro sentimento che può presentarsi è la mortificazione cioè l’insieme dei sentimenti che nascono dal sentirsi privi di competenze e di conseguenza si attiva una delusione derivante dal non essere riusciti a raggiungere quelle competenze supposte dall’adolescente stesso o attribuite da altri. Si tratta di un sentimento che affonda le sue radici nel rapporto tra il bambino e il genitore, nel momento in cui viene mortificato quando le sue competenze non sono adeguate. Ciò però, può essere “vivificante” e fonte di crescita, se la delusione viene manifestata affettuosamente stimolandolo al raggiungimento di tali competenze.

In ultimo, posso essere presenti sentimenti di inferiorità che esprimono lo “scarto tra la rappresentazione del sé reale e la rappresentazione ideale di sé” (ibidem, pp. 59). Se queste due rappresentazioni non si discostano molto l’una dall’altra, questo può portare a crescita e cambiamento. Quando però sono molto distanti allora l’individuo potrebbe non sentirsi amato poiché solo la sua rappresentazione ideale lo è.

Questi affetti, sono considerati come fisiologici in adolescenza entro certi confini e hanno una notevole influenza nella regolazione del rapporto con gli altri, ma anche nello sviluppare con piacere nuovi apprendimenti. Se il ragazzo trova adulti in grado di attribuire a questi affetti il corretto senso e valore allora questi possono essere gestiti e superati senza eccessiva sofferenza.

Dott.ssa Sara Pontecorvo

Bibliografia

  • Pelanda, E. (1995). Non lo riconosco più. Genitori e adolescenti: un’alleanza possibile. Milano: Franco Angeli Editore.
  • Pelanda, E. (1998). “Vergogna, mortificazione, inferiorità in adolescenza”. Adolescenza, 1, pp. 50-61.

Sara Pontecorvo

Sono Sara, una psicologa clinica e psicoterapeuta specializzata nell’approccio alle criticità della fase adolescenziale. ASCOLTO, CONFRONTO, FIDUCIA RECIPROCA. Su questo baso il mio rapporto con i ragazzi e le loro famiglie.

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