🎭 “Chi sono io?”

Può capitare a ognuno di noi di percepire qualcosa dentro che non riesce a prendere forma o a prender parola: aspetti interni che restano nell’ombra, nascosti, mascherati talvolta perfino a noi stessi.  

 

La psicoanalisi riesce a spiegare in modo piuttosto raffinato questi stati interni attraverso teorie complesse che, per una serie di motivi, possono restare un tesoro di nicchia. Ma la teoria può diventare ancora più viva se la avviciniamo a qualcosa di estremamente evocativo: le immagini, i simboli, le storie. In questi linguaggi più “archetipici”, la psiche può facilmente rispecchiarsi.

Gli adolescenti, per esempio, spesso si identificano o simpatizzano per alcuni personaggi di fantasia, e questo non è un caso. In un periodo in cui l’identità è  soggetta a continui riassestamenti, molte dinamiche interne diventano difficilmente esprimibili a parole, mentre invece lo fanno le immagini.

“Chi sono?” Può essere allora una delle domande che accompagna le giornate di un adolescente, a volte mobilitandolo verso nuove esperienze, altre volte paralizzandolo. 

Ma vorrei porre una riflessione: quante persone anche da adulte si pongono ancora questa domanda? 

Quante volte si indossano delle maschere che non ci fanno sentire pienamente noi stessi? 

Quante volte non ci sentiamo in linea con il nostro vero Sè anche se non sappiamo bene quale sia?

Scegliere un personaggio come Mimikyu, un personaggio dei Pokémon, è un modo per creare un ponte tra il mondo interno degli adolescenti e quello degli adulti: genitori, educatori, insegnanti o chiunque abbia a che fare con l’altro – piccolo o grande che sia. Uno strumento che può aiutare a entrare in contatto non solo con i propri figli, ma anche con aspetti disconosciuti di sé.

 

🎭 “Chi è e chi potrebbe essere Mimikyu?”

Quel che ci è dato sapere circa questo personaggio è che si tratta di un Pokémon spettrale, il cui vero aspetto non è mai stato visto da nessuno. Egli vive nascosto sotto un travestimento cucito a mano, che richiama l’aspetto di Pikachu.

Il motivo per cui utilizza questo mascheramento? Per essere amato. Amato come lo è Pikachu: il protagonista, solare, sorridente, luminoso. Mimikyu invece teme che, scoprendosi, possa spaventare o ferire gli altri con il suo vero aspetto. E così si finge qualcuno che non è, forse per non sentire il peso della non accettazione.  Forse per non affrontare la solitudine. Una solitudine interiore, fatta non dell’assenza degli altri, ma dell’assenza di sé.

Il tema che Mimikyu porta con sé potrebbe essere questo:

 “Meglio essere amati per ciò che non si è, che rifiutati per ciò che si è davvero”. 

E allora…chi potrebbe essere davvero Mimikyu? Questo è un mistero ancora da svelare, ma è proprio lì che si apre una possibilità: una psicoterapia efficace potrebbe accompagnarlo pazientemente in un percorso di scoperta entro il quale riconoscere, comprendere e infine integrare tutti gli aspetti del Sé – anche quelli che sembrano inaccettabili – per arrivare, finalmente, a sentirsi reale.

 

🎭 “Quando Mimikyu incontra Winnicott”

Ora il nostro Mimikyu si trova a percorrere un viaggio temporale, arriva negli anni ’60 ed entra nello studio di Donald Winnicott, sensibile psicoanalista esperto di bambini. 

Entrando nel suo studio dice poche parole, non si mostra, ma gli spiega di aver sempre avuto la sensazione di non esistere. Racconta di aver cercato a lungo un modo per trovarsi e farsi accettare, anche mascherandosi da Pikachu. Non sa dove sia il suo vero Sè, ma sente che da qualche parte esiste. Solo che lo spaventa. E teme che possa spaventare anche gli altri. 

Winnicott, ascoltandolo, ha già un nome per descrivere queste dinamiche profonde: il Falso Sè. 

Ne ha conosciuti molti di pazienti come Mimikyu, e ormai ha una certa esperienza. Non tutti i Falsi sé sono uguali: alcuni sono funzionali – come avere un comportamento educato in società – e non impediscono il contatto con la parte autentica di sé. Altri, invece, sono così strutturati da diventare l’unica identità possibile. Chi li porta avanti vive nell’iperadattamento, nella compiacenza, perde di ogni spontaneità e confonde la maschera con il proprio volto. 

Il Falso sé, in questi casi, è una difesa necessaria: protegge il vero Sè, lo nasconde, lo mette al sicuro. Ma intanto la spontaneità si perde, viene sepolta. Proprio come ha fatto Mimikyu. 

Mimikyu affranto, ma speranzoso chiede a Winnicott: 

“Come faccio a capire chi sono veramente?” 

E Winnicott, con gentilezza, risponde: 

Quando cominci a sentirti reale e vivo”.

 

🎭 “Il passato svelato di Mimikyu: le ferite narcisistiche” 

Quando un paziente come Mimikyu entra in terapia, non sempre potrebbe riuscire a collegare il malessere attuale al proprio passato. 

 

Potrebbe anche succedere che tante cose siano state dimenticate, coperte, abbiano preso diversa forma oppure che facciano ancora tanto male e che si preferisca tacerle. Ma quando lo psicoterapeuta incontra il Falso Sè di Mimikyu, può orientarsi nel passato del paziente usando come bussola alcune teorie. Nel caso di Mimikyu la sofferenza e il sintomo si collocano nell’area del Sé e dell’autostima che, in linguaggio psicoanalitico, si traduce in: “Fragilità narcisistica”.(Attenzione: non narcisismo! Chi ha una fragilità narcisistica non ha necessariamente una personalità narcisistica – si tratta di ferite profonde che riguardano il Sé e il valore personale.)

E chi, meglio di Heinz Kohut – che si è occupato di questi temi per tutta la sua vita – può orientarci verso il passato di Mimikyu? 

 

Fin dalla tenera età questo Pokèmon è stato esposto a esperienze in cui il suo vero Sè non è stato riconosciuto e validato. Un po’ come se lui sapesse di essere blu, ma alcuni lo vogliono verde e allora gli dicono che è verde, altri rosso e così via. Ma mai blu, cioè la sua essenza.

 

Le esperienze di rispecchiamento sono davvero importanti per riuscire a vedersi e, nel periodo in cui lo sviluppo del nostro Sè e della nostra autostima, dipendono dallo sguardo dell’altro, se questo sguardo non è “rispecchiante” allora il Sè subisce una ferita e diventa vulnerabile: la ferita narcisistica. Tante ferite creano una fragilità. 

Quando Mimikyu era molto piccolo e incontrava lo sguardo dell’altro avrebbe voluto tanto vedere Sè stesso, ma non succedeva mai. 

Cosa gli restava da fare se non disconoscersi?

🎭 Come possiamo riconoscere se c’è un po’ di Mimikyu dentro di noi?

Arrivati a questo punto della lettura, chi ha vissuto – o sta vivendo – dinamiche simili a quelle descritte, riesca già a identificarsi e a riconoscerle con facilità. Ma per chi si trova nella dimensione dell’osservatore, potrebbe essere più complesso cogliere certi segnali. 

Anche in funzione di ciò che ci siamo detti nella “stanza di Winnicott” possiamo iniziare a individuare alcuni indizi. 

Una piccola premessa è però necessaria: questo spazio non è pensato per formulare diagnosi, né per favorire forme di autodiagnosi. Il suo intento è offrire spunti di riflessione per aiutare chi legge a contattare aspetti più profondi di sé – che non implicano necessariamente una patologia, ma che potrebbero richiedere uno spazio terapeutico adeguato per essere, accolti, riconosciuti e integrati.

Proprio come Mimikyu, alcune persone potrebbero sperimentare:

  • Una sensazione diffusa di vuoto, senso di inesistenza, di inautenticità, come se la propria vita fosse una recita;
  • Una forte compiacenza relazionale, con difficoltà a esprimere rabbia e/o disaccordo;
  • Un bisogno costante di conferme e approvazione;
  • L’uso di maschere relazionali per nascondere il vero Sè;
  • Forme di ritiro e di autoisolamento;
  • Crisi identitarie.

  🎭 E allora cosa ci si può aspettare da un percorso di psicoterapia? 

Anche in questo caso possiamo affidarci alla guida di Kohut, che ha mostrato l’importanza di essere rispecchiati empaticamente. 

All’interno di un processo terapeutico, proprio attraverso questo rispecchiamento continuo e non giudicante, la persona può iniziare ad esplorare il proprio mondo interno in modo sempre più autentico. E gradualmente, riconnettersi con il proprio Sè reale, per integrarlo, dargli spazio e finalmente…sentirsi reale.  

🎭 Riferimenti bibliografici

Kohut, H. (1971) The Analysis of the self. Hogart press, London. (trad. it, 1976, Narcisismo e Analisi del Sè. Bollati Boringhieri Editore).

Winnicott, D. (1965) The maturational Process and the facilitating environment. Study in the theory of emotional development. The Hogart Press and the Institute of Psychoanalysis, London. (trad. it. 1970/2013, Sviluppo affettivo e ambiente. Roma: Armando editore).

Sara Pontecorvo

Psicologa psicoterapeuta

 

 

 

 

Sara Pontecorvo

Sono Sara, una psicologa clinica e psicoterapeuta specializzata nell’approccio alle criticità della fase adolescenziale. ASCOLTO, CONFRONTO, FIDUCIA RECIPROCA. Su questo baso il mio rapporto con i ragazzi e le loro famiglie.

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